Delegazione dell'Associazione per la Pace partecipa alla commemorazione del massacro di Sarbra e Shatila

 35 anni fa, esattamente tra il 16 e il 18 settembre 1982, si compiva uno dei peggiori e agghiaccianti massacri della storia: quello del quartiere di Sabra e del campo profughi di Shatila, entrambi posti alla periferia ovest di Beirut, in Libano. Tra i 1500 e i 3000 palestinesi furono barbaramente uccisi dalle falangi cristiano maronite libanesi e dall'esercito del Libano del Sud, con la complicità di Israele, che aveva lanciato la sua operazione “Pace in Galilea”, invadendo il paese per la seconda volta. La guerra fece 20.000 vittime e distrusse un intero paese. Bombardamenti, bombe a grappolo e al fosforo, ridussero il Libano e la sua capitale ad un cumulo di macerie fumanti. Ed è nella periferia della capitale che l’esercito libanese ordinò lo sterminio finale. La guerra, iniziata nel giugno del 1982 su suolo libanese e condotta da Israele per combattere l’OLP, l’organizzazione per la liberazione della Palestina guidata da Yasser Arafat, stanziata ormai in Libano dal 1948, raggiunse il suo apice all'inizio del mese di settembre. Dopo l’attentato dinamitardo a Bashir Gemayel, da poco eletto Presidente del Libano, le forze israeliane, alleate del governo libanese, occuparono Beirut Ovest. Il generale dell’esercito israeliano Ariel Sharon decise di chiudere ermeticamente i campi profughi e di mettere cecchini sui tetti di ogni palazzo. Niente e nessuno poteva entrare nei campi. Ebbero quindi gioco facile le milizie cristiane libanesi, costituite dai falangisti: dinanzi a loro quasi solo donne, anziani e bambini.