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Nel corso degli anni i palestinesi hanno creato moltissime organizzazioni civili, politiche e militari che contribuiscono alla sopravvivenza del popolo palestinese. 
Il Consiglio Nazionale Palestinese è la struttura politica (il parlamento) dell’OLP.  Conta circa 430 membri 
Fino alla creazione dello stato palestinese l’autorità principale è il governo legittimo dell’Entità autonoma palestinese. Dopo la morte del presidente Yasser Arafat un triunvirato è incaricato di organizzare nuove elezioni.
Esistono circa  12 organizzazioni laiche e religiose per la maggior parte aderenti all’OLP. Il numero esatto è incerto perché piccoli gruppi vengono creati o dissolti in continuazione. L'OLP compare per la prima volta nel 1964 come emanazione della Lega Araba. 
Nata ufficialmente per sostenere i diritti dei palestinesi, questa organizzazione è in un primo tempo scarsamente rappresentativa e del tutto sottoposta al controllo di alcuni regimi arabi (Egitto, Arabia Saudita) che ne condizionano le scelte e ne limitano la libertà di azione. 
Nel frattempo, su iniziativa di nazionalisti palestinesi, sorgono altre organizzazioni, dotate di maggior autonomia e soprattutto decise a prendere l'iniziativa nella lotta contro Israele senza dover dipendere esclusivamente dalle decisioni dei paesi arabi. Fra queste la più importante è Al Fatah che nel 1965 compie la sua prima azione di guerriglia nel territorio israeliano.
Due anni dopo la "guerra dei 6 giorni" spazza via la vecchia e impotente direzione dell'OLP in cui intanto confluiscono Al Fatah e le altre formazioni guerrigliere costituitesi in quegli anni. 
Nel 1968 il capo di Al Fatah, Yasser Arafat, diventa presidente dell'OLP sforzandosi di fare di questa organizzazione una sede di coordinamento politico dei diversi raggruppamenti palestinesi e, al tempo stesso, un interlocutore credibile per la diplomazia internazionale.
Rappresentativa della realtà palestinese l'OLP ne riflette anche i profondi contrasti: al suo interno sono presenti gruppi di orientamento marxista rivoluzionario, come il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), guidato da G. Habbash, e il Fronte Democratico Popolare per la Liberazione della Palestina (FDPLP), guidato da Nayef Hawatmeh, su posizioni di rifiuto intransigente delle soluzioni di compromesso. 
Vi sono poi gruppi ispirati, o più o meno direttamente controllati, da diversi paesi arabi (come al Saiqah, di diretta emanazione siriana) e altri, come il Flp di Abu Abbas, di scarsa consistenza numerica ma capaci di condizionare le scelte politiche dell'Organizzazione con la loro attività terroristica.
I contrasti interni all'OLP, e fra questa e i paesi arabi, che a parole hanno sempre dichiarato tutti di volerla sostenere, sono stati spesso laceranti. 
Nel settembre del 1970 il re Hussein di Giordania ha scatena una durissima repressione contro i gruppi armati palestinesi insediati nel suo paese, la cui forza crescente minaccia la stessa sovranità dello stato giordano. E' il cosiddetto "settembre nero": l'OLP vi perde migliaia di uomini e le principali organizzazioni che la compongono sono costrette a lasciare la Giordania per trasferirsi in Libano.
Qui si ripropone una situazione analoga: la presenza di migliaia di uomini armati che operano in totale autonomia sul territorio libanese mette in crisi gli equilibri interni, già molto delicati, del piccolo stato mediorientale. Scoppiano lotte durissime fra i gruppi di potere che controllano il paese appoggiandosi alle diverse comunità religiose: musulmani sunniti e sciiti, cristiani maroniti e drusi.
In queste lotte si trova coinvolta l'OLP, mentre dall'esterno vi intervengono, più o meno direttamente, israeliani e siriani, entrambi interessati agli sviluppi politici libanesi. 
Inizia così il tragico seguito di guerre civili che ha travolto il Libano dalla metà degli anni '70 fino alla pacificazione imposta dai siriani nel 1990. Le organizzazioni palestinesi vi sono coinvolte direttamente, talvolta con laceranti spaccature: basti ricordare i massacri nel campo profughi di Tell al Zatar nel 1976, quando i palestinesi filosiriani di al Saiqah agirono di concerto con i falangisti cristiani.
L'attività terroristica negli anni '70
Gli anni '70 rappresentano la fase di maggiore attività terroristica dell'OLP: attentati, anche molto sanguinosi, vengono compiuti sia nel territorio di Israele sia all'estero, contro obiettivi di interesse israeliano (l'organizzazione Settembre Nero, diretta emanazione dell'OLP, è responsabile dell'attacco compiuto a Monaco nel 1972 contro la squadra olimpica israeliana, conclusosi con una strage).
Ciò nonostante i gruppi più radicali rimproverano ad Arafat un eccessivo moderatismo. 
Nel 1974 alcune organizzazioni guidate dal FPLP di G. Habbash, abbandonano l'OLP e danno vita al Fronte del Rifiuto, sostenuto dall'Iraq e dalla Libia. 
Nello stesso anno però l'OLP ottiene importanti riconoscimenti internazionali: prima quello della Lega Araba che la indica come "unico e legittimo rappresentante del popolo palestinese", e poi l'ammissione all'ONU con lo status di osservatore. 
Ormai l'organizzazione di Arafat è riconosciuta da 105 paesi, è membro del Movimento dei Non Allineati e partecipa alla Conferenza Islamica. E' al centro dell'iniziativa diplomatica perché per molti interlocutori internazionali le sue proposte rappresentano una possibile e accettabile soluzione del problema palestinese. Ma la pressione degli arabi radicali si fa sempre più insistente e quando, nel 1979, tutti i paesi arabi condannano il trattato di pace fra Israele ed Egitto, anche l'OLP aderisce al Fronte del Rifiuto.
Intanto il governo israeliano prosegue nel suo atteggiamento di chiusura intransigente di fronte alle richieste palestinesi, rifiutando qualunque contatto con l'OLP fino ad arrivare, nel giugno del 1982, ad invadere il Libano con l'intento dichiarato di distruggere le basi dell'organizzazione. Per settimane le roccaforti palestinesi, con i loro dirigenti e lo stesso Arafat, sono assediate e cannoneggiate dall'esercito israeliano che lascia mano libera ai falangisti cristiani, pronti a cogliere l'occasione per consumare le proprie vendette (l'episodio più atroce è la strage nei campi profughi di Sabra e Shatila). Alla fine, minacciati nella loro stessa sopravvivenza fisica, i dirigenti dell'OLP sono costretti a lasciare il Libano: la sede dell'Organizzazione viene spostata a Tunisi mentre i combattenti palestinesi sono evacuati e smistati in diversi paesi arabi. 
Sull'OLP così indebolita riprende massiccia l'iniziativa dei governi arabi più radicali, in particolare quella della Siria che appoggia una scissione del movimento palestinese, guidata da Abu Mousa, presto degenerata in una vera e propria guerra.
Sempre di più l'OLP è al centro di opposte pressioni: da una parte il governo israeliano che la ignora politicamente e fa di tutto per distruggerla militarmente (l'episodio più clamoroso è il bombardamento degli uffici dell'OLP a Tunisi, effettuato nell'ottobre del 1985, dall'aviazione israeliana come rappresaglia per l'uccisione di tre israeliani a Cipro), dall'altra paesi come l'Iraq, la Siria, la Libia che fomentano la divisione al suo interno e cercano di condizionarne le scelte usando spregiudicatamente l'arma del terrorismo.
Pur con errori e sbandamenti il gruppo dirigente dell'OLP riesce tuttavia a mantenere una linea politica improntata al realismo e al moderatismo. Il 15 novembre del 1988 il Consiglio Nazionale Palestinese, organo dirigente dell'organizzazione, annuncia la nascita dello Stato indipendente di Palestina sui territori della Cisgiordania e della striscia di Gaza, di cui si proclama Governo in esilio. Nello stesso tempo accetta tutte le risoluzioni dell'ONU, riconoscendo in questo modo lo Stato di Israele, come era stato fatto precedentmente soltanto dall'Egitto.
Fino agli anni ‘80 l’OLP continua a essere esclusa dai colloqui dal veto israeliano anche se tutti i membri della delegazione palestinese ufficialmente ammessi sono permanentemente in contatto con la direzione dell'Organizzazione a Tunisi e non assumono alcuna iniziativa senza averla prima concordata con Arafat. Il cambio della guardia in Israele, dopo la vittoria del laburista Rabin nelle elezioni di primavera, non sembra aver dato grande impulso ai negoziati per quanto riguarda l'assetto futuro dei Territori Occupati. La svolta si compie nell'estate del 1993 quando si viene a sapere che sono in corso incontri segreti in Norvegia fra emissari del governo israeliano e dell'OLP. Dopo l'annuncio ufficiale degli accordi di Oslo avviene il reciproco riconoscimento di Israele da parte dell'OLP e di quest'ultima da parte di Israele.