Farshid Nourai

Ogni tanto il mondo si sveglia allarmato, scioccato e indignato davanti alle immagini di guerra che scorrono sui mass media. Solo allora si ricorda che la guerra è feroce, violenta, è un macello di carne umana, pieno di sangue e dolore. Ricordiamo che in una guerra ci sono vittime, massacrate dal ferro delle bombe e dal fuoco della pazzia. C’è la tortura e le esecuzioni sommarie. Ci sono madri che piangono i loro figli trucidati a brandelli di carne viva. Ci sono bambini con gli occhi fissi sui cadaveri dei loro genitori. In una guerra scorrono immensi fiotti di sangue umana. E poi c’è fame, disperazione, paura, angoscia, rabbia, vagito disperato di neonati, lamento straziante di adulti e lacrime a fumi. In una guerra i colori spariscono sotto pesante polvere scura.
E poi il lampo di indignazione si spegne allo scomparire della notizia dalle prime pagine dei giornali e social net. 
In Siria da anni, una rivoluzione spontanea, innescata da un senso di ingiustizia e oppressione ha assunto un carattere confessionale ed etnico diventando uno scontro violento tra vari gruppi etnici e settari: alawiti e sunniti, arabi e curdi, cristiani e musulmani, in uno spettacolo orrendo di autodistruzione, grazie al silenzio mondiale e ad una valanga di armi e soldi provenienti un po’ da dovunque, anche da paesi che oggi nascondono le mani sanguinanti dietro parole commoventi. Così una lotta per la libertà e i diritti si trasformò in una misera corsa per il potere e il dominio.
Mentre i potenti nel mondo raccontano i loro paralogismi politici alla loro audience televisiva è in atto uno scempio disumano. Non da oggi e ieri, da anni, i siriani sono attori di una guerra civile in cui l'equilibrio del potere si sposta continuamente. Di fatto, in Siria, nessuna delle parti può risolvere in modo decisivo e irrevocabilmente un conflitto che in realtà si consuma tra i poteri regionali è internazionali. Dietro ogni parte si cela una potenza straniera con i suoi interessi, russi, iraniani, americani, sauditi, paesi del Golfo persico e turchi.
E così, il regime con i suoi alleati, alawiti, cristiani e minoranze religiose, combatte la maggioranza sunnita in gran parte schierata con l'opposizione. E poi ci sono i curdi, con il loro proprio ordine del giorno.siria conflitto
Le immagini surreali di est e ovest di Aleppo mostrano la terribile scissione all’interno della società siriana: da una parte si denunciano i massacri compiuti dalle forze lealiste e dall’altra, esse, vengono festeggiate come liberatrici.
In realtà, l'equilibrio di potere sul terreno è vacillante: le stesse forze del regime siriano che celebrano la riconquista di Aleppo oggi, pochi giorni fa hanno dovuto ritirarsi dalla città di Tadmur. Considerando i gruppi terroristici, penetrati in profondità nel territorio siriano approfittando del caos e la divisione etnica e settaria della società siriana, è impossibile sperare una soluzione, senza un compromesso politico praticabile che elimina alla radice le cause del conflitto.
Non è credibile che il modo interno non riesca a convincere le parti ad un compromesso. Infatti non è questione di capacità o efficacia dei mezzi bensì volontà politica basata su interessi dei paesi coinvolti. Da una parte americani ed israeliani cercano di prolungare il conflitto a tempo indeterminato e trasformare la crisi in una guerra di logoramento in cui arabi, iraniani, turchi, russi, regime e opposizione sono tutti perennemente intrappolati. Dall’altra parte russi, iraniani, turchi, sauditi e i paesi del Golfo Persico sono alla ricerca di una loro egemonia politica nel Medioriente. E così si continua lungo il sentiero di guerra. 
Ciò che succede ancora oggi in Iraq, la continua lotta e le dispute politiche fondate su basi etniche e confessionali alimentate da interventi stranieri dal 2003, prova che nessun conflitto può essere risolto per mezzo delle armi. Ogni battaglia ne genera un’altra in una catena viziosa di distruzione che non conosce fine.
A questo punto dovrebbe essere chiaro che solo attraverso un compromesso politico e ragionevole distribuzione del potere in modo equo e con un serio processo di riforma, sulla base di salvaguardare l'unità nazionale siriana, sostenuta dalle principali potenze in gioco, americani, russi, iraniani, turchi e i paesi del Golfo Persico, si può uscire dal pantano della distruzione e della morte.
Tuttavia, sembra che i potenti del mondo non siano disposti a lasciare la loro ipocrisia, celata dietro gli interessi nazionali e/o gli interessi occulti, a lavorare per dare una fine a questa guerra fratricida. 
In una guerra non esistono eroi, non esistono vincitori. Non esiste la ragione di uno o di un altro. In una guerra nessuno ha ragione. Le guerre sono tutte uguali: Bosnia, Ruanda, Darfur, Iraq, Libia ecc e oggi Siria, Aleppo. La guerra giusta non esiste.
Le guerre pulite, piene di eroi, vincitori, sorrisi e musica, sono invenzione hollywoodiane sugli schermi cinematografici. Una guerra senza dolore, senza sangue, fame e disperazione esiste nei video game degli ultimi smartphone.
La guerra è la guerra e va osteggiata, va ripudiata. Non dimentichiamo i milioni di vittime innocenti ostaggi di una guerra che non hanno scelto.

Dicembre 2016