Marwān Barghūthī
Marwān Barghūthī (Ramallah, 6 giugno 1958)
Marwan Barghuthi è un uomo politico e un capo militare palestinese. Marwān Barghūthī è incarcerato dal 2002 in una prigione di massima sicurezza israeliana, condannato a 5 ergastoli.
Barghūthī entra nel Fath all'età di 15 anni. È imprigionato dallo Stato d'Israele per la prima volta nel 1976, all'età di 18 anni, per partecipazione a una sommossa palestinese. Impara la lingua ebraica durante la sua detenzione in carcere. Al suo rilascio, entra in Cisgiordania ed effettua i suoi studi nell'università di Bir Zeyt. Diventa rappresentante degli studenti nel Consiglio d'Amministrazione dell'Ateneo. Ottiene anche una laurea in Storia, un'altra in Scienze Politiche e un Dottorato di Ricerca in Relazioni Internazionali.
Barghuthi è uno dei principali capi politici della prima Intifada per la Striscia di Gaza nel 1987. Viene arrestato nel 1987 dall'esercito israeliano ed espulso in Giordania. Può tornare da quel suo esilio solo dopo la firma degli Accordi di Oslo nel 1994. Barghuthi è eletto nel Consiglio Legislativo Palestinese nel 1996, in cui difende il processo di pace israelo-palestinese come una "necessità". Oratore talentuoso ed esperto, Barghuthi si afferma all'interno della struttura politica di al-Fath e ne diviene Segretario Generale per la Cisgiordania.
Il 28 settembre 2000 la visita di Ariel Sharon sulla Spianata delle moschee lancia la seconda Intifada e la situazione politica muta. Barghuthi, capo del Tanzim-Fath, la branca armata del Fath, è diventato indispensabile per la sua capacità d'organizzazione e soprattutto assai popolare tra i Palestinesi. Il Tanzim-Fath si diversifica dando il via a un sotto-gruppo chiamato le Brigate dei Martiri di al-Aqsa, ad attentati suicidi sul territorio israeliano e contro le colonie israeliane.
Il suo supposto ruolo da parte israeliana nella campagna di attentati suicidi contro Israele ne fa uno dei Palestinesi maggiormente ricercati dagli Israeliani, che lo vogliono vivo o morto. Nel 2001, sventa un tentativo d'assassinio ai suoi danni preparato dall'apparato militare israeliano. Il 15 aprile 2002, Israele cattura Barghuthi che è imputato da un tribunale civile per omicidio con finalità terroristiche, condotto da uomini al suo comando. I Palestinesi catturati per fatti di "resistenza" sono abitualmente giudicati da tribunali militari, ma per Barghuthi, Israele deve assoggettarsi alle pressioni internazionali e organizzare un processo che abbia un minimo di credibilità giuridica.
Come in ogni processo politico, l'imputato si serve della tribuna che gli è offerta per esaltare la propria causa politica. Durante tutto il processo, Barghuthi rifiuta di riconoscere la legittimità del tribunale israeliano e, logicamente, rifiuta di difendersi. Barghuthi dice di sostenere gli attacchi armati contro l'occupazione israeliana ma non può evitare gli attacchi contro civili sul suolo israeliano. È condannato il 20 maggio 2004 per cinque omicidi provocati da un gruppo armato, fra cui quello di un monaco greco-ortodosso, e di tre altri attentati: uno a nord di Gerusalemme, uno a Tel-Aviv e un altro in Cisgiordania. Barghuthi è anche dichiarato reo d'un tentato omicidio per un attentato suicida sventato dalle forze di sicurezza israeliane. Per contro, egli dichiara di essere innocente dei capi d'imputazione elevati contro di lui. È dichiarato colpevole di 21 capi d'imputazione per omicidio, avvenuti nel corso di 33 attentati. Il 6 giugno, Barghuthi è condannato a cinque ergastoli per i cinque omicidi di cui è stato dichiarato colpevole e a 40 anni di carcere per il suo tentato omicidio.
Barghuthi è sposato con l'avvocato Fadwa Barghuthi.