Già ai tempi del mandato inglese l’Inghilterra aveva tentato di rappacificare la Palestina manus militari e con la diplomazia ( piano Peel del 1937 ) , tuttavia senza risultati tangibili.
Secondo lo storico israeliano Pappé, nel 1954-55 il ministro degli esteri israeliano Moshe Sharett  tentò di avviare trattative di pace ma per questo fu espulso dal governo da Ben Gurion. Anche Levi Eshkol , primo ministro di Israele dal  1963 al 1969, che dopo la guerra del 1967 propose di restituire i territori occupati  in cambio della pace fu bloccato.
Il progetto del Pentagono del 1968 che rispecchiava le risoluzioni dell’ONU fu superato dagli eventi.
Il primo ministro israeliano laburista Isak Rabin era favorevole a accordi di pace con i palestinesi ma anche lui non era pronto a restituire i territori conquistati da Israele con la forza. Lo prova il suo piano di spartizione del 1992. ( lo stesso anno Sharon elaborò un controprogetto nettamente peggiore per i palestinesi ). Malgrado ciò Rabin fu assassinato nel 1992 da un estremista sionista contrario a ogni sia pur minima concessione. L’assassinio di Rabin fece scoprire con raccapriccio a Israele che un ebreo può essere ucciso anche da un altro ebreo. Ricordando Bernadotte, non è escluso che anche l’omicidio di Olof Palme, primo ministro svedese che si impegnò per la pace, abbia un collegamento con questa vicenda, ipotesi avvalorata dall’omicidio nel 2003 della signora Anna Lindh, ministro degli esteri svedese, pure impegnata sul fronte della pace in M.O.

Israele e Olp hanno firmato 4 accordi : la Dichiarazione di principi di Oslo- settembre 1993, il Protocollo di Parigi - aprile 1994, Gaza e Gerico - maggio 1994 e Oslo II - settembre 1995.
Con alcuni di questi accordi i palestinesi si sono legati mani e piedi e hanno praticamene affidato la gestione della propria economia a Israele, accettando anche gravi restrizioni per esempio di importazione e esportazione a favore di Israele.

Fino a circa un decennio fa, ignorando e scavalcando i Palestinesi, Israele ha tentato di concludere accordi di pace bilaterali con gli Stati Arabi, questo anche per dar corpo alla voce che si trattava di un conflitto tra Stati confinanti e non tra una potenza occupante e un popolo da lei sottomesso. Egitto e Giordania, sotto l’egida degli USA, hanno così firmato accordi di pace separati con Israele.
Da circa 10 anni su pressione internazionale israeliani e palestinesi hanno avviato trattative di pace. Dopo un riconoscimento formale reciproco, le trattative vertevano sul rispetto delle risoluzioni dell’ONU da parte di Israele :  “terra in cambio della pace”.
Nel 1948, durante la guerra del Libano, a Oslo, in Spagna a Camp David , a Sharm el Sheik , a Wye Plantation e molte altre volte, i responsabili israeliani hanno promesso di sospendere le ostilità, hanno incontrato Arafat o gli emissari dell’ONU o di altri Stati esteri ma mai rispettarono integralmente gli accordi, né permisero il rientro dei profughi ( 3.5 milioni ) o riconobbero uno stato sovrano palestinese. Nelle trattative gli israeliani offrirono solo poche concessioni limitate pretendendo in cambio la fine di ogni ostilità, la pace, il riconoscimento definitivo dello stato di Israele, l’accettazione degli insediamenti e la concessione di molti diritti a Israele da parte degli arabi.
Inoltre, con pretesti vari ( cambio del governo, elezioni interne, violenza da parte dei palestinesi, ecc. ), Israele ha spesso disatteso gli accordi ( già limitati ) raggiunti e/o bloccato quelli in fase conclusiva e/o li ha ritardati e/o applicati a modo suo ( per es. strada dei Martiri a Hebron ). Attualmente (fine novembre 2000) Arafat ha denunciato un piano israeliano che, col pretesto delle violenze da parte araba, prevede di rioccupare le poche aree concesse in regime di autonomia ai palestinesi. In gennaio 2001, Ariel Sharon, candidato della destra alla carica di I. ministro, ha dichiarato che gli accordi di Oslo  “sono morti”. Mentre il mondo era distratto dagli attentati negli USA in settembre 2001 Sharon ne ha approfittato per attaccare ulteriormente i palestinesi e abbinare gli arabi ai terroristi.
Va comunque ricordato che Israele non intende accordare una vera indipendenza ai Palestinesi, riservandosi il diritto di mantenere le colonie ebraiche nei territori palestinesi e a Gerusalemme Est, di mantenere la sua sovranità sui luoghi sacri ( inclusi quelli mussulmani in particolare sulla spianata delle moschee ) di gestire le vitali risorse naturali come l’acqua e l’energia elettrica, di tenere in esercizio le strade riservate che collegano i territori israeliani e che spezzettano il territorio palestinese, ecc. e in taluni casi si riserva il diritto di intervenire militarmente nei territori palestinesi. Pure Israele non intende intavolare discussioni su aspetti importanti quali la giustizia ( restituzione ai palestinesi delle terre confiscate, risarcimento ai palestinesi dei danni, ricerca e processo dei colpevoli per le violenze nei confronti dei palestinesi ), il rientro dei profughi palestinesi che da 50 aspettano nei campi profughi all’estero, l’applicazione delle risoluzioni dell’ONU, lo statuto di Gerusalemme, i diritti dei palestinesi di accedere alle risorse ittiche, la liberazione dei prigionieri palestinesi, ecc. 
Malgrado le dichiarazioni roboanti di Israele sulla sua volontà di pace e di voler  rispettare e applicare gli accordi, sul terreno il governo, le istituzioni israeliane e gruppi di fanatici religiosi hanno operato in modo da svuotare gli accordi del loro contenuto, non applicando la parte a loro sfavorevole, creando ritardi, rinvii, eccezioni, nuove occupazioni di terre, ecc. Ogni protesta o azione da parte palestinese venne utilizzata dagli israeliani come pretesto ufficiale per sospendere l’applicazione degli accordi, rinviare ogni trattativa e procedere a blocchi, punizioni, arresti, distruzioni, confische, ecc. Nel 2003 USA, EU, Russia e ONU hanno avviato il piano di pace “Road map” . Durante le trattative, malgrado la tregua, gli israeliani hanno continuato con le operazioni militari, distruzioni, assassini, confische, blocchi, ecc. Alcuni sanguinosi attentati palestinesi hanno poi dato a Israele il pretesto per sospendere ogni trattativa (vedi cronaca degli avvenimenti del 2003).